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Fratelli si nasce o si diventa?

Genitorialità

Io sono figlia unica e, fino a ad un decennio fa, pensavo alla relazione tra fratelli in modo romantico, come due individui che si vogliono molto bene, che condividono interessi e sentimenti e che, nei momenti di difficoltà, sono presenti l’uno per l’altro. 

Poi ho osservato più da vicino e con maggiore attenzione le fratrie delle persone che chiedevano il mio supporto e ho scoperto che queste relazioni non sempre sono semplici e positive. 

Andiamo alla scoperta del legame fraterno.

Essere fratelli/sorelle

Il legame tra fratelli è, almeno biologicamente, quello più longevo rispetto a tutti gli altri. 

Due fratelli o sorelle, specialmente se vicini d’età, condividono (se non consideriamo eventi luttuosi precoci) una fetta di vita maggiore rispetto che quella vissuta al fianco dei genitori o dei propri figli. 

Quindi tanto tempo potenziale da vivere insieme, ma questo tempo è anche di qualità?

Sicuramente è un tempo di profonda condivisione di una storia comune, di un legame tra il passato e il futuro, in quanto i fratelli sono le nuove generazioni che fungono da tronco tra le radici della famiglia e i rami dell’avvenire che si sviluppano verso l’alto. 

I fratelli e le sorelle appartengono ad un sottoinsieme, definito sottosistema familiare, in cui le regole e le dinamiche relazionali sono diverse rispetto a quelle presenti negli altri rapporti. 

Secondo Brusset (1987): “Essere fratelli o sorelle significa avere la stessa genealogia, la stessa eredità in senso lato, la stessa famiglia, gli stessi genitori ed essere della stessa generazione, in uno scarto di età variabile, e, una volta su due, essere dello stesso sesso”. 

Ma, nonostante le comunanze contingenti, i fratelli sono, al contrario di quanto si crede, individui profondamente diversi. 

Sebbene la “matrice” sia la stessa, il contesto nel quale ciascun fratello compare e cresce varia proprio perché ogni volta il gruppo familiare si trasforma

Quando un nuovo membro si aggiunge al gruppo, i ruoli all’interno della famiglia, così come i significati che ognuno di tali ruoli può comportare, subiscono variazioni e riassestamenti (Brunori, 2013). 

I cambiamenti che ogni tappa della vita richiede, le trasformazioni personali, relazionali, lavorative, sociali, fanno sì che la famiglia cambi e, quindi, anche i genitori non sono gli stessi genitori per ognuno dei loro figli. 

In particolare, vi sono dei momenti di passaggio del ciclo vitale della famiglia che lasciano un’impronta significativa sui successivi sviluppi relazionali. 

L’arrivo del quarto incomodo

Uno degli snodi più significativi per la successiva relazione tra fratelli è la gestione dell’arrivo del secondo figlio, che implica tutta una serie di riorganizzazioni sia pragmatiche che relazionali. 

Alcune ricerche hanno mostrato come le difficoltà del primo figlio, che spesso, si riscontrano successivamente all’arrivo del fratello/sorella minore, non siano dettate tanto dalla nascita del fratello/sorella, ma più che altro dalla difficoltà ad adattarsi ai diversi cambiamenti richiesti in tempi brevi:

  • Cambiamenti ambientali

Trasformazioni nelle stanze della casa, occupate da tutta una serie di aggeggi strani dedicati al neonato.

  • Cambiamenti relazionali

Una miriade di parenti ed amici di famiglia invadono la casa, specialmente nel periodo postparto e tutte le attenzioni sono calamitate da quel bambino piccolo, estraneo e rumoroso, in particolare le attenzioni dei genitori e degli adulti significativi come i nonni.

  • Cambiamenti dei ritmi quotidiani 

Spesso le notti sono turbolente, si dorme male e poco. I genitori sono stanchi e con poche energie residue.

 Adler chiama dramma della detronizzazione le frustrazioni subite dal primogenito/a: cambio di stanza, di posto a tavola, allontanamento presso nonni e parenti, ecc. Tutto ciò è difficile da gestire specialmente da bambini piccoli. 

Sarà compito dei genitori e della famiglia allargata aiutare il figlio maggiore ad adattarsi ai cambiamenti, ascoltando le emozioni che desidera condividere, dandogli un ruolo “di aiutante” dei genitori nella cura del fratellino, ricordandogli quanto è bello essere più grande perché ci sono molti vantaggi, continuare a giocare con lui e dedicargli del tempo esclusivo. 

La fratellanza biologica e psico-emotiva

Il fatto che i genitori abbiano scelto di mettere al mondo un altro bambino e lo abbiano portato a casa e stimolino le interazioni tra il fratello maggiore ed il nuovo nato, non significa che questo, in modo immediato, determini la generazione di un sentimento di fratellanza. 

La fratellanza biologica non garantisce l’immediata costruzione 

di una fratellanza psico-emotiva.

Questo percorso relazionale è complesso e non sempre in discesa. 

Infatti, la letteratura indica come caratteristiche della relazione fraterna, oltre all’affetto:

  • conflitto
  • rivalità
  • potere

Cigoli e Scabini (1997), a tal proposito, considerano la relazione fraterna giocata su un asse che va dall’intimità /fusione alla rivalità/odio/disprezzo, passando per l’indifferenza, da loro considerata la negazione del valore del legame. 

La rivalità, dunque, sembra essere molto presente all’interno della relazione tra fratelli/sorelle, che è del tutto simmetrica. I fratelli sono alla pari e si confrontano su ogni aspetto della vita. 

Spesso, i genitori interpretano questi sentimenti negativi come un difetto e tendono a punire il figlio che li manifesta, quando in realtà sono intrinseci alla natura del legame e, se molto intensi, sono da considerarsi simbolo di una sofferenza a cui prestare attenzione. 

Possono esserci delle circostanze che rompono la naturale simmetria della fratria, basti pensare alla presenza di un fratello/sorella con disabilità o con problemi di salute, oppure l’assenza di uno o entrambi i genitori, oppure la presenza di anche solo un genitore non sufficientemente maturo che determina una struttura familiare con figlio genitoriale, ovvero dove il figlio diventa il genitore dei genitori. 

In ognuna di queste situazioni è probabile che la relazione all’interno della fratria risulti asimmetrica e, quindi, la quota di rivalità potrebbe di molto rimodularsi. 

In quest’ultimo esempio, ovvero quello del figlio genitoriale, lo squilibrio di potere e ruolo genera, come ci insegna Minuchin (1976), una profonda distanza emozionale derivante da una scarsa condivisione tra i fratelli di funzioni, ruoli, vantaggi/svantaggi, comportamenti genitoriali, conflittualità, lealtà. 

La fratellanza sociale

Il sottosistema dei fratelli è un vero e proprio laboratorio sociale in cui i figli si cimentano nell’interazione tra coetanei, sviluppando competenze sociali e relazionali:

  • negoziare per ottenere ciò che desiderano
  • cooperare per il raggiungimento di un comune obiettivo
  • competere
  • adattarsi alle necessità altrui
  • costruire uno spazio personale ed a proteggerlo
  • confrontarsi con gli altri e comprendere il punto di vista altrui.

Questi apprendimenti, spesso, non avvengono in maniera semplice, ma sono il risultato di vere e proprie lotte, specialmente se si agiscono all’interno di un terreno complesso come quello delle famiglie affidatarie, adottive o ricostituite. 

In questi casi di parla di fratellanza sociale, che riguarda figli che provengono da famiglie diverse e che diventano fratelli grazie alla condivisione di esperienze affettive in un’altra famiglia.

La fratellanza sociale si forma in modo diverso da quella biologica: i fratelli sociali, infatti, entrano nella famiglia con una storia personale, sociale e culturale diversa che diventa il punto di partenza delle relazioni familiari (Paradiso, 2016).

Inoltre, due fratelli di sangue hanno fin dall’inizio un terreno ampio di condivisione e mimetismo reciproco e attraverso la loro relazione si individueranno costruendo le rispettive diversità individuali; nel caso dei fratelli sociali, il processo è pressoché inverso: i due figli si conoscono profondamente diversi per poi, attraverso la creazione di un legame sincero, poter cogliere elementi di contatto e somiglianza. 

La fratellanza sociale, quindi, a differenza di quella biologica non si basa sul vincolo di sangue, ma sulla condivisione degli affetti, che va sperimentata e costruita giorno per giorno e va scelta.

La qualità del legame della fratria

Abbiamo detto come l’essere fratelli non coincida sempre con il sentimento e l’idea della fratellanza. Anzi, spesso, incontriamo fratrie senza fraternità (Caillè, 2015), luoghi di turbolenze in cui trovano spazio complesse sfide determinate dalla competizione, dal bisogno di superare chi viene percepito come mimetico a sé. È una relazione in cui possono serpeggiare sentimenti di rancore e gelosia (Bogliolo, Loriedo, 2005).

Per comprendere profondamente la relazione tra fratelli è importante non guardare solo ad essa, ma anche la relazione di ciascun genitore con ciascun figlio e la relazione tra i genitori, ovvero tutti gli altri rapporti che si giocano sul campo familiare, perché ognuna di queste relazioni influenza le altre.

La qualità del legame della fratria, infatti, dipende da molteplici fattori:

  • la differenza di età tra i fratelli/sorelle.

  • la differenza di genere.

  • la qualità della relazione coniugale

Se due fratelli vivono all’interno di un ambiente familiare in cui i coniugi esacerbano soventemente conflitti, generando un clima relazionale caotico e stressogeno, avranno una maggiore probabilità a sviluppare un legame fraterno negativo. I figli possono essere messi in mezzo e chiamati (anche non esplicitamente) a schierarsi con l’uno o l’altro genitore determinando fratture anche nella relazione tra i figli. 

Viceversa, McGuire, McHale, Updergraff (1996) hanno rilevato una congruenza nella qualità positiva delle relazioni: le famiglie dove c’è più soddisfazione tra i coniugi sono quelle in cui i fratelli hanno una relazione più intensa e affettuosa. 

  • Parental Differential Treatment (PDT) o Trattamento parentale differenziale.

Il PDT è inteso come un trattamento sbilanciato e, quindi, non equo, del genitore nei confronti dei figli. Questo implica che all’interno della stessa famiglia due figli ricevano cure differenti.

Questo, a volte, non sempre per incompetenza dei genitori, ma per situazioni di necessità. A volte, infatti, può capitare che un bambino possa richiedere maggiori attenzioni a causa di un “bisogno speciale” reale o percepito dal genitore (problema di salute, problemi scolastici, livello di sviluppo, ecc…).

Alcune ricerche hanno dimostrato che se il trattamento genitoriale differenziale è accentuato ed esprime l’esistenza nella famiglia di una relazione tra un genitore e un figlio più negativa di quella tra lo stesso genitore e l’altro figlio, spesso si registra anche una relazione tra i due fratelli maggiormente conflittuale e meno calorosa e intima.

Quindi fratelli si nasce o si diventa?

Rispondo alla domanda di incipit, con un “si diventa”. 

Ci si può non sentire fratelli, seppur si condivida lo stesso sangue, la stessa famiglia, la stessa casa per anni. 

Il legame autentico affettivo profondo si costruisce nel tempo ed i genitori hanno un ruolo chiave in questo delicato e complesso processo relazionale. 

E vi dico di più, a volte fratelli o sorelle non si diventa mai, come nel mio caso, ma il sentimento di fratellanza si può sperimentare nel sentiero della vita. Io posso dire di essermi sentita sorella di qualcuno con cui non ho condiviso né i genitori, né le mura domestiche, ma con cui ho sperimentato una condivisione di affetti. Sono stata scelta e ho scelto. 

Chissà se non sia questa la vera fratellanza?

Per approfondire:

Bogliolo C., Loriedo C., Famiglie e psicopatologia infantile. Quando la sofferenza è così precoce. Milano: Franco Angeli, 2005

Brunori L., (2013), Tipologie filiali/fraterne, la funzione fraterna e i pari, International journal of psychoanalysis and education, Vol 5, N° 2 

Brusset, B. (1987). Le lien fraternel et la psychanalyse. Psychanalyse à l’Université, 12 (45), 5-43. 

International Journal of Psychoanalysis and Education, 2013 Vol. V, No. 2, 18-31Tipologie filiali/fraterne, la funzione fraterna e i pari

Caillè P., Viaggio nella sistemica. Il terapeuta, le domande di aiuto, la formazione. Roma: Alpes Italia, 2015

Cigoli, V., Scabini, E. (1997). Relazioni fraterne: dal vincolo alla scelta. In Andolfi M, Angelo, C., de Nichilo, M. (Eds.). Sentimenti e sistemi. Raffaello Cortina Editore, Milano. 

Kowal A., Kramer, Children’s Understanding of Parental Differential Treatment. Child Development, 68 (1), 1997, pp. 113-126

McGuire, S., McHale, S., Updergraff, K. (1996). Children’s preceptions of the sibling relationship in middle childhood: connections within and between family relationships. Personal Relationships, 2, 229-239. 

Minuchin S., Families and family therapy. Cambridge: Harvard University Press, 1974 trad. It. Famiglie e terapia della famiglia. Roma: Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore, 1976

O’Connor T.G., Dunn J., Jenkins J.M., Rasbash J., Predictors of between-family and within-family variation in parent–child relationships. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 47 (5), 2006, pp. 498–510

Paradiso L., (2016), Fratelli in adozione e affidamento. Il diritto alla fratellanza e la continuità degli affetti nella relazione fraterna biologica e sociale, Franco Angeli, Milano

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