Nella dipendenza affettiva la regolazione emotiva è spostata verso il lato interpersonale. Questo significa che lo sguardo emozionale della persona è del tutto orientato verso l’oggetto amato e quasi per nulla rivolto a se stessa. Nell’ articolo viene approfondito questo aspetto fondamentale della dipendenza affettiva che permette di comprendere alcune dinamiche relazionali ad esso interconnesso.
Love addiction
La parola addiction deriva dal termine latino “addicto” il quale rimanda a quelle persone che contraevano un debito e, non avendo modo di pagare la somma dovuta, divenivano assoggettati al creditore.
Se alla parola addiction agganciamo “love” possiamo facilmente comprendere come la persona sperimenti una condizione in cui si sente fortemente legata all’oggetto amato, che risulta essere il centro del proprio mondo. La persona è come se vivesse una vera e propria schiavitù, incatenata con i pensieri e i sentimenti ad un altro, senza cui la propria vita risulta priva di significato.
Ma l’amore sano, per sua natura, non è fatto di nodi e catene, bensì di vicinanze. Quando “l’amore” si trasforma in ossessione, dolore, insoddisfazione, distruzione allora siamo di fronte ad una condizione disfunzionale che impatta intensamente sulla vita e sull’autostima della persona.
È come se si perdessero le coordinate del proprio cammino, perché fuso alla realtà del partner.
Inoltre, l’immagine di sè antecedente alla relazione viene distorta in negativo e nascono, come erbacce in un giardino di rose, sentimenti di colpevolezza ed inadeguatezza.
Aspetti comuni tra dipendenza affettiva e da sostanze
Non ci sono ancora dei criteri diagnostici che definiscano con puntualità la dipendenza affettiva, ma diversi studi hanno dimostrato come essa abbia diversi elementi in comune con la dipendenza da sostanze.
Il gruppo di Reynaud nel 2010 ha individuato alcune analogie tra la dipendenza da sostanze e la dipendenza affettiva:
- Considerevole quantità di tempo speso per questa relazione (nella realtà o nel pensiero).
- Riduzione di importanti attività sociali, professionali o di svago.
- Persistente desiderio o sforzi infruttuosi di ridurre o controllare la propria relazione.
- Esistenza di una sindrome da astinenza per l’assenza dell’amato caratterizzata da una significativa sofferenza e un bisogno compulsivo dell’altro.
- Ricerca della relazione, nonostante l’esistenza di problemi creati dalla stessa.
- Esistenza di difficoltà di attaccamento, come manifestato da uno dei seguenti: ripetute relazioni amorose esaltate, senza alcun periodo di attaccamento durevole, ripetute relazioni amorose dolorose, caratterizzate da attaccamento insicuro.
Dagli elementi analizzati finora si può comprendere come la relazione di coppia in cui vi è dipendenza affettiva non sia simmetrica né reciproca.
L’amore corrisposto è associato a senso di completezza ed estasi, mentre quello non ricambiato è, invece, connotato da sentimenti di vuoto, ansia e disperazione. (Hatfield & Rapson, 1993). È proprio così che si sente chi vive la persona dipendente affettiva, sempre affannata, angosciata, insicura dell’amore dell’altro. Più che altro insicura di essere degna di quell’amore.
Inoltre, siccome spesso si lega a partner scarsamente affettivi, vive uno stato continuo di allerta e di insoddisfazione.
E si attiva una sfida, basilare nelle dinamiche della dipendenza affettiva: “il mio amore lo cambierà, salvandolo dalla sua vita sregolata”. Salvare l’altro significa salvare se stessi da quella sensazione di inadeguatezza, dall’essere stati non visti, non amati a sufficienza.
La regolazione emotiva nella dipendenza affettiva
Mentre una relazione sana prevede la capacità di essere consapevoli della differenza tra sé e l’altro, nella dipendenza affettiva l’individuo si mette nei panni del partner attraverso il contagio mentale perdendo la capacità di mantenersi separato.
C’è una tale centratura sugli stati emotivi dell’altro, ma una scarsissima capacità di fare letture sul proprio mondo emotivo. Praticamente la persona dipendente affettiva possiede una peculiare attitudine a cogliere le emozioni del partner più per risonanza emotiva che per capacità riflessiva, ma non riesce a cogliere le proprie emozioni.
La regolazione emotiva è completamente spostata verso il lato interpersonale.
Questo è molto importante da mettere a fuoco perché ci permette di comprendere come le persone dipendenti effettive spesso scelgano dei partner con una vita caotica.
La vita disfunzionale del partner distrae dal proprio mondo emotivo troppo pieno e contemporaneamente troppo vuoto.
Spostando l’attenzione e le proprie energie sulla vita del partner, non resta tempo e risorse per pensare ed attivarsi circa le condizioni interne. Quindi c’è proprio uno slittamento dell’affettività verso l’esterno che protegge la persona dipendente affettiva dai propri stati interni ingestibili.
Se venisse, invece, scelto un partner equilibrato non ci sarebbe bisogno di investire le proprie emozioni sull’altro, non ci sarebbero drammi e necessità di controllarlo continuamente. La persona, quindi, sarebbe costretta a lavorare sulla propria di vita, a mettere ordine nel proprio caos e non si sentirebbe indispensabile per l’altro.
L’oggetto amato diventa, quindi, un perno attorno a cui far ruotare l’autoregolazione dei propri stati emotivi e delle proprie mappe cognitive e mentali. Wright e Wright 1990 parlano di parassitismo psichico-relazionale per indicare questo meccanismo.
Il vuoto insopportabile
La persona dipendente affettiva è alla ricerca di storie d’amore emotivamente molto intense, coinvolgenti in modo caotico. Senza queste storie non è capace di gestire la propria vita, fatta di un vuoto interno.
Non sopportare il vuoto si traduce nel bisogno di emozioni forti. Ma la conseguenza di questa relazione che, invece di favorire una crescita, fa ritornare la persona nello stesso punto di partenza ovvero la sensazione di vuoto, risulta del tutto distruttiva.
La persona, inoltre, si rende conto di fare sempre scelte negative e questo abbassa ulteriormente l’autostima.
Dove ha origine questo vuoto? Esso è un insieme di manchevolezze antiche che affondano le proprie radici nelle relazioni con le figure di accudimento.
I bambini che sperimentano scambi relazionali di distacco affettivo, assenza di sintonizzazione emotiva, trascuratezza, abuso non hanno l’opportunità di sviluppare quelle risorse psicologiche utili per rappresentare gli stati mentali propri e altrui, con la conseguente presenza di vuoti affettivi e cognitivi.
“Se le figure di riferimento non mi amano, forse avrò qualcosa che non va.
E allora chi altro potrà amarmi nella vita?”.
Questo dubbio sull’essere o meno amabile serpeggerà dentro la persona dipendente affettiva che farà di tutto per guadagnarsi l’amore del partner, accettando anche situazioni limite (come ad esempio la violenza).
Il partner insinuerà ulteriori dubbi nella mente della persona dipendente affettiva, che si sentirà in colpa per non essere all’altezza delle richieste altrui.
E’ come se attraverso la relazione di coppia la persona cercasse di curare antiche ferite.
“Se riuscirò a farmi amare dal mio partner allora non è colpa mia se i miei genitori
non mi hanno amata come avrei voluto”.
E’ importante lavorare all’interno del setting psicoterapeutico sul senso di colpa delle persone dipendenti affettive, per far sì che possano costruire la consapevolezza di essere amabili, degne di attenzioni buone e di rispetto.
Per approfondire
Norwood, R. (1986) Donne che amano troppo. 49’ Edizione. Milano: Feltrinelli Editore
Galante R., Perché non lo lascio? Storie e psicoterapie di donne legate a uomini maltrattanti, Torino: Antigone Editore, 2011
Telfener U., Ho sposato un narciso. Manuale di sopravvivenza per donne innamorate. Roma: Castelvecchi Editore, 2014
Saccà F., La vita scorre, vai oltre. Come uscire da una relazione tossica e rinascere emotivamente, Youcanprint, 2016