Vi propongo alcune riflessioni a cui sono giunta attraverso le mie esperienze professionali e di genitore. Ho visto molte donne e uomini adulti che portano dentro, dopo decenni, il peso delle aspettative genitoriali che rimangono intatte anche se, ad esempio, i genitori non sono più in vita.
A volte, noi adulti non siamo nemmeno del tutto consapevoli del peso dei nostri comportamenti verso i bambini, che essendo amorevoli e leali, fanno di tutto per renderci felici.
Quali sono i rischi e le opportunità che abbiamo nel far crescere le nuove generazioni?
Io uso un’ottica di libertà ed un registro di unicità.
I bambini vanno incoraggiati a dare il meglio di sè senza pretendere che questo corrisponda al massimo o si avvicini alla perfezione.
Il condizionamento d’amore
Il comportamento perfezionistico, caratterizzato dal “dovere” essere perfetto a tutti i costi e in tutti gli ambiti in cui il soggetto si esprime quotidianamente, è una modalità di funzionamento che si sviluppa attraverso le prime interazioni con l’ambiente.
Il bambino può apprendere che l’amore e l’approvazione degli adulti significativi sono condizionati dai livelli di performance raggiunti.
Questo può accadere a casa dove le aspettative genitoriali sono eccessivamente elevate oppure dove il bambino impara per imitazione dai modelli, riproducendo i comportamenti perfezionistici osservati nei genitori;
a scuola dove gli insegnanti possono essere più attenti alla didattica che alla formazione umana incoraggiando e premiando solo i primi della classe;
il pomeriggio durante lo sport dove l’allenatore può trasmettere la necessità di vincere piuttosto che divertirsi; e così via.
Rinunciare alle aspettative
Il compito degli adulti, a mio avviso, non è quello di aspettarsi qualcosa dai bambini. Le aspettative possono essere completamente sganciate dalla realtà di quel bambino. Può succedere che l’adulto cerchi di fare in modo che il piccolo corrisponda ad all’immagine ideale del bambino perfetto: il figlio perfetto, l’alunno perfetto, il giocatore perfetto.
il bambino reale perderà sempre questo confronto e se gli adulti continueranno su questa scia egli sentirà di non essere all’altezza di un ideale irraggiungibile e la frustrazione lo accompagnerà sempre.
Non dobbiamo demolire, ma sostenere per evitare che i bambini sviluppino un basso livello di autostima e quote di ansia legate alla paura del fallimento e del giudizio altrui.
I bambini falliranno, prenderanno dei brutti voti, attueranno dei comportamenti ineducati, ci risponderanno male, ci feriranno.
I bambini non saranno perfetti, come non lo siamo noi.
La cosa più importante che possiamo fare per loro è non chiedergli di essere come vogliamo che siano, non chiedergli di essere perfetti, non chiedergli di diventare come quel bambino immaginario così tanto amabile e rassicurante che custodiamo nella nostra mente.
Avere un figlio o un allievo “perfetti”, può essere molto rassicurante per gli adulti. Questi ultimi possono misurare il loro valore sulla base del valore del bambino.
“Se mio figlio è bravo vuol dire che sono un bravo genitore”.
Oppure gli adulti possono proiettare sul bambino la propria storia in modo che sia il piccolo a dover risarcire, sanare, vincere.
“Io non sono riuscito a diventare ingegnere ma mio figlio ci riuscirá”.
Il figlio assume il ruolo di sostituto salvifico che cambia il finale della storia.
Ma ogni bambino dovrebbe poter scrivere la propria storia.
Per concludere
I bambini vanno stimolati alla curiosità, alla riflessione personale e critica rispetto a ciò che li circonda, alla sperimentazione del nuovo, alla condivisione emozionale, all’autenticità, alla tolleranza verso se stessi e gli altri.
I bambini vanno osservati, ascoltati, compresi nelle loro peculiari potenzialità. Non dobbiamo avere il bambino perfetto, ma dobbiamo aiutare ogni bambino che incontriamo sul nostro cammino ad esprimere se stesso.